Meditazione e stress
Negli ultimi 50 anni il nostro stile di vita è completamente cambiato. La maggior parte di noi vive e lavora nelle città, mangiamo cibo industriale, non frequentiamo più le piazze ma i centri commerciali e siamo immersi costantemente nel mondo virtuale della televisione e del web, siamo diventati sedentari e costretti a frequentare le palestre per poterci muovere. Ci allontaniamo dalla natura e dai ritmi biologici legati ad essa. Le giornate diventano sempre più lunghe, tutto viene svolto di fretta e le pause diminuiscono, fino al punto che non siamo più capaci di rimanere da soli con noi stessi neanche per pochi minuti. La televisione, la radio, il cellulare, il computer, l’I phone bombardano costantemente la nostra mente. Inoltre mangiamo male e, spesso, troppo tardi la sera, oltretutto dormendo sempre di meno. Le giornate sono talmente piene di stimoli esterni, che finiscono per diventare fattori di disturbo, e progressivamente perdiamo la consapevolezza dei nostri ritmi naturali e dei nostri bisogni reali fisici, emotivi e mentali. La conseguenza è l’accumulo di stress che ha raggiunto livelli così elevati da produrre malessere psicologico, abuso di droghe, obesità, malattie fisiche con aumento di ipertensione, diabete, malattie degenerative, tumori. Nei paesi occidentali mediamente viviamo più a lungo ma il rischio è un invecchiamento accompagnato da malattie degenerative, da depressione e da eccesso di farmaci. Ma il problema maggiore è costituito dall’impoverimento culturale e dalla perdita di relazioni significative, con conseguente diminuzione della capacità di comunicazione. Il risultato è quello di vivere sempre più isolati.
Solo la consapevolezza del nostro stile di vita e dello stress che accumuliamo può permetterci di cercare gli strumenti adeguati per migliorare la nostra esistenza, e progettare il nostro buon invecchiamento.
Negli Stati Uniti d’America da alcuni anni medici e scienziati si sono posti il problema di quali metodi utilizzare per combattere o contenere lo stress. In questa ricerca l’apporto della cultura orientale, sia indiana che cinese, è stato di grande aiuto. Si è scoperto infatti, che la meditazione, praticata da sempre nei paesi orientali, può essere efficace anche in Occidente e che la sua utilità può essere documentata con metodi scientifici.
Uno dei primi ricercatori che nella metà degli anni ’70 si è occupato di questo fenomeno, è stato Daniel Goleman, psicologo e docente dell’Università di Harvard, autore tra l’altro dei best seller “La forza della meditazione” e “Intelligenza emotiva”.
Le sue ricerche hanno dimostrato che, dopo uno stress psichico, la meditazione favorisce il recupero dell’equilibrio mentale ed emotivo. Goleman e il suo collega Gary Schwartz hanno osservato in situazioni fortemente stressanti, alcuni soggetti che praticavano costantemente la meditazione, e altri che non la praticavano. Ed hanno riscontrato che nei meditanti, tutti i parametri fisiologici della risposta istintiva al pericolo si attivavano più velocemente. Proseguendo le sue ricerche, Goleman ha anche osservato che tra chi medita si riscontra una minore incidenza di ansietà, di problemi psicologici, di disordini psicosomatici, di raffreddori, mal di testa, insonnia. Ma la meditazione non migliora soltanto la capacità di rilassamento, migliora anche la capacità di attenzione vigile. Goleman sottolinea che l’affinamento dell’attenzione dura al di là della sessione di meditazione stessa e che la meditazione aumenta la capacità di raccogliere sottili segnali percettivi nell’ambiente. Il meditante riesce a focalizzare l’attenzione su ciò che accade intorno a sé, evitando che la mente vaghi altrove. Questo significa che nel rapporto con un’altra persona, il meditante è più empatico, perché è in grado di prestare un’attenzione più intensa a ciò che l’altra persona sta facendo e dicendo, e saprà cogliere anche i messaggi nascosti che vengono inviati.
Molti ospedali americani hanno inserito nei loro programmi la Mindfulness, termine che possiamo tradurre con consapevolezza. Di che cosa si tratta?
È una tecnica meditativa utilizzata nella cura di diversi disturbi legati allo stress, ma viene utilizzata anche nelle malattie gravi, come i tumori. La scoperta e le ricerche da parte di molti studiosi di diverse università americane, hanno portato alla conclusione che l’esperienza della meditazione è completamente diversa da quella religiosa, e che i due fenomeni non sono assolutamente comparabili.
Le ricerche scientifiche nel campo, hanno dimostrato infatti che le persone che meditano, di qualsiasi cultura o fede religiosa siano, attivano, tutte indistintamente, particolari circuiti cerebrali che influenzano positivamente l’equilibrio emotivo e il funzionamento di organi importanti, come il cuore. Il primo medico che ha introdotto nella pratica medica la meditazione come sistema di cura in America è stato Jon Kabat-Zinn. Questo medico, biologo molecolare, appassionato anche della cultura orientale, attraverso rigorose osservazioni ha introdotto la meditazione nel lavoro clinico e all’interno degli ospedali, creando le famose Cliniche per la Riduzione dello Stress.
Accenniamo ora alle due più importanti tecniche meditative:
LA MEDITAZIONE DI CONCENTRAZIONE (Shamatha)
Il soggetto che medita, focalizza la sua concentrazione su un oggetto interno. Quello più utilizzato è il respiro. Come in tutte le pratiche meditative, è necessario fermare le continue distrazioni della mente, la cosiddetta scimmia ubriaca che salta da un pensiero all’altro. Per farlo, occorre concentrarsi soltanto sul respiro.
La meditazione di concentrazione viene considerata come introduttiva a forme di meditazione più sottili. È una tecnica meditativa semplice, e per questo a volte viene ingiustamente sottovalutata ma è in grado di portare la mente a raggiungere la calma. E’ una pratica molto efficace e, soprattutto all’inizio, è indispensabile per addentrarsi nella meditazione. Sedere con dolcezza, focalizzare la mente su un oggetto, concentrarsi sul respiro, e allineare mente e corpo nella calma, è già di per sé un’esperienza significativa.
Praticando shamatha si compie un lavoro di pulizia mentale. Dopo mille distrazioni si “torna a casa”, la si ripulisce. In seguito, con l’allenamento costante, si potrà passare a lavorare con altre tecniche meditative.
LA MEDITAZIONE DI CONSAPEVOLEZZA (Vipassana)
La meditazione di consapevolezza è basata sull’attenzione non discriminante sul corpo, le sensazioni, gli stati e i contenuti mentali. La mente osserva tutto senza giudicare, cioè senza fornire ulteriori occasioni al susseguirsi caotico dei pensieri che ininterrottamente compaiono e scompaiono. I pensieri non vengono repressi con ulteriori pensieri. Semplicemente li si lascia scorrere, e come sono sorti così se ne andranno. Questo è favorito dalla concentrazione sul respiro, aspetto importante anche della meditazione shamatha, in cui però la quiete mentale è l’obiettivo, e una volta che il praticante l’ha raggiunta, dimora in essa. Nella vipassana invece questo stadio è preliminare al lavoro vero e proprio di consapevolezza.
La vipassana è uno strumento molto potente per allargare l’area della consapevolezza. È una pratica impegnativa, che necessita di allenamento, prima di tutto per raggiungere la quiete mentale da cui poi addestrarsi alla consapevolezza. Come in tutti gli “allenamenti”, sono necessari tempo, pazienza, ed esercizio, per ottenere dei risultati. Ma quello che si conquista, non è solo una tecnica antistress, bensì un vero percorso di evoluzione personale.
Infine, è importante sottolineare che qualsiasi tecnica meditativa deve essere affrontata da persone in buone condizioni psichiche